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La preghiera al cuore delle relazioni - parte 2

Non si prega per essere esauditi ma per esaudire Dio
Nasce la preghiera. Incontriamo un’altra sorpresa. “Non si prega per essere esauditi: voler utilizzare Dio per sé è sempre la maniera sbagliata per cominciare un dialogo o un incontro. Dio non ha bisogno di essere informato, non è a servizio dei nostri progetti e conosce meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo, quindi, prima di tutto riconoscerlo, accoglierlo, rispettarlo come l’Altro, fargli un posto nella nostra vita, affinché lì Egli possa essere in pienezza. La preghiera consiste, quindi, prima di tutto nell’esaudire Dio, rendendoci capaci di riceverlo. Sappiamo bene che Egli “sta alla porta e bussa” (Ap 3,20). Ricordiamo anche l’esortazione del santo Cottolengo a non pregare per chiedere delle cose, ma a pregare per chiedere al Signore di fare la sua volontà.

La preghiera nasce da Dio
Qui scopriamo di non essere noi ad avviare, per primi, la preghiera, ma Dio. Nella tradizione monastica la preghiera è definita “opus Dei”: così anche S. Benedetto nella sua Regola. Se la preghiera è “opus Dei”, dobbiamo porre attenzione non solo al fatto che sia “di Dio”, ma che sia anche “opera”, dunque un agire di Dio. Agire di Dio prima ancora che agire dell’uomo, agire di Dio che diventa opera umana, se e quando l’uomo dischiude la sua vita all’incontro con l’agire stesso di Dio. Allora, nella preghiera l’opus Dei diventa opus hominis. Vogliamo ancora approfondire.
“Opus Dei”: vuol dire che nella preghiera Dio ci anticipa sempre, e ci precede perché è profondamente interessato a noi. Il nostro Dio, il Dio della rivelazione biblica, non è il risultato della nostra indagine, non è Colui che incontriamo al termine della nostra ricerca, perché è lui che, per primo, viene in cerca di noi, prima ancora che noi lo cerchiamo. E’ lui che vuole e realizza un dialogo con noi; è lui che, dalla Genesi all’Apocalisse, viene, cerca, chiama, interroga l’uomo chiedendogli semplicemente di essere ascoltato e accolto. Il Dio che “ci ha amati per primo” (1Gv 4,19) inizia il dialogo. L’uomo reagisce nella fede attraverso la preghiera, che è sempre risposta all’amore verso Lui e verso i fratelli.
La preghiera, però, incontra il desiderio dell’uomo ed è espressione del desiderio dell’uomo. Egli, infatti, non è puramente passivo, ma soggetto capace di corrispondere con Dio. “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te”. Questa espressione di sant’Agostino, così celebre e molto ripetuta, indica bene il fondamento posto alla preghiera cristiana dall’epoca dei grandi Padri della Chiesa fino ad oggi. Il desiderio di Dio che l’uomo ha in sé, desiderio del bene supremo, si esprime, prima di tutto, attraverso la preghiera. Per questo la preghiera cristiana ha trovato una definizione accolta sostanzialmente da tutti gli autori spirituali di oriente e di occidente: elevatio mentis in Deum = elevazione dell’anima a/in Dio. Poiché noi, creature umane, non abbiamo da noi stessi la capacità di tale “elevazione”, è chiaro che essa è un dono, un dono che viene dall’alto, un dono che realizza un movimento ascendente di “attrazione” e di “elevazione” della persona (di tutta la persona) a Dio e, progressivamente, la porta a vivere di Dio.
Pregare, quindi, è = essere elevati, essere attratti da Dio; lasciarsi afferrare da Dio che ci unisce a Sé, e ci attira gradualmente dentro il suo stesso mistero. Mistero di Dio: non come qualcosa di inconoscibile e “tenebroso”, ma come scoperta continua, inesauribile, di un amore che ci supera e ci stupisce. La preghiera è fatica e fascino. Entrare nel mistero di Dio è incredibilmente affascinante. Quasi tremendo e misterioso…
“Ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Osea 2,16). Questo è la preghiera cristiana: Dio seduce la sua creatura. Dio seducente, seduce… Se-durre = dal latino, secum ducere = condurre accanto o presso di sé. Il segreto della preghiera, da parte della creatura è: lasciarsi sedurre, lasciarsi ammaliare, ascoltare la Scrittura come Parola seducente… A questo riguardo sono d’obbligo due domande: cosa significa per me questa realtà? Come giudico gli sforzi, che forse faccio ancora, per contrapporre a questo movimento ascendente della preghiera, il mio movimento discendente, che vuole trascinare Dio dalla mia parte e portarlo al mio livello di vita?

padre Domenico Marsaglia

 

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